15 Apr Arrivano le prove scientifiche.
Le evidenze di un’ipotesi chimica per l’omeopatia
Nell’ambito dell’VIII Convegno triennale della Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata (SIOMI) dal titolo “L’omeopatia cambia verso…”, che si è tenuto a Firenze dal 15 al 17 marzo scorsi, si è svolto il seminario internazionale dal titolo: “Advances in Homeopathy, a new scientific and social perspective”.
Finalmente è arrivata la svolta! Quello che non si è saputo spiegare per tutti questi anni e che ha esposto l’omeopatia a una condanna della scienza che l’ha classificata come un sistema di cura non plausibile poiché priva di molecole, oggi è stato sfatato. Gli studi di Jayesh Bellare, professore di ingegneria chimica a Mumbai (India), hanno dimostrato in maniera incontrovertibile, attraverso il microscopio elettronico a trasmissione (TEM), la presenza di un rilevante numero di molecole di principio attivo in tutte le diluizioni omeopatiche dalla 6CH alla 200CH. Tali molecole, che si mantengono in numero pressoché costante in tutte le successive diluizioni, vengono stabilizzate dai metasilicati provenienti dal vetro utilizzato per preparare le diluzioni stesse; questi aggregati costituiscono una riserva chimica di molecole, le quali poi possono interagire con i substrati biologici e dare effetto all’attività del medicinale omeopatico. Certo, sono piccole dosi (nanomoli) ma sufficienti a dare una risposta terapeutica secondo i principi della farmacologia delle microdosi, una parte della farmacologia ortodossa sempre più in sviluppo negli ultimi anni.
I risultati osservati sono spiegabili con il meccanismo dell’ormesi (stimolazione a basse dosi), come ha ribadito Edward Calabrese, tossicologo dell’Università di Ahmerst (Massachusetts, USA), massimo esperto al mondo di questo sistema di interazione delle sostanze con gli organismi viventi. In pratica si tratta di un rovesciamento di azione tra una dose (grande) tossica e una dose (piccola) che ha invece un effetto terapeutico. Come l’omeopatia, la quale si basa sulla somministrazione di dosi infinitesimali di sostanze, che ad alte dosi hanno proprio un’azione tossica sull’organismo (principio della similitudine omeopatica). I principi della farmacologia delle microdosi e dell’ormesi furono annunciati già nel 2006 da Andrea Dei (Università di Firenze) e adottati come modello operativo dalla SIOMI. In questo convegno sono stati mostrati ulteriori risultati a conferma di questa predizione: una lungimiranza che oggi ha ricevuto finalmente chiare conferme scientifiche. Dunque non più memoria dell’acqua, che è in effetti un concetto scientificamente non plausibile, ma molto più chiaramente normali interazioni chimiche tali e quali a quelle che avvengono nel nostro organismo coi farmaci comuni prescritti dalla medicina ortodossa per promuovere la nostra guarigione.
di Simonetta Bernardini